Penso al significato del verbo accogliere: condurre presso di se’.“ Grazie per aver accolto mia madre e per averci accolto”, dice una figlia, una donna, una persona, nostra, perché ha vissuto con noi un tempo, temuto e poi accettato, di vicinanza alla madre nell’ultimo tratto di strada. Un tempo vissuto in una casa con le porte aperte, casa Clotilde, dove si respira l’aria della normalità, la stessa di operatori, ospiti, familiari: la normalità del prendersi cura.
Sotto il cielo di casa Clotilde succede la vita, tradotta nella certezza che quello che facciamo ha un senso, indipendentemente da come finirà . Perché cielo e non tetto? In passato il soffitto era chiamato il “cielo” di una casa, quasi ad indicare che esiste una continuità terra/cielo e che abiteremo soltanto nuove case : nulla si perde, tutto si trasforma, quaggiù e poi lassù. Ai piani di questa bella casa Clotilde, luminosa e discreta, la normalità è rappresentata dall’assenza di divisori di una vita in un’altra vita, dove tutto ha il senso che comporta esserci, dall’inizio alla fine.
Grazie, figlia che potrebbe essere la figlia di tutti, per averci ricordato dell’accoglienza, per aver portato verso di noi il vostro smarrimento iniziale, sottolineando la possibilità di vivere che sempre sottende finchè c’è vita, continuando con l’arrivederci altrove. Abbiamo camminato insieme, consapevoli che tutto ha un senso, al di là di come finirà.